Roma, 28 Giugno 2003
COPIONE: POLITICO PER CASO E POLITICO DA SEMPRE
Titolo del Film: Politico per caso e politico da sempre. Opera inedita depositata alla SIAE il 30 Giugno 2003 N.059797. Dopo una accurata lettura dell’opera, invito tutti i Registi, Produttori Italiani e Stranieri interessati a realizzare questo film, telefonando oppure inviando un E mail.
La storia del politico Pietro Sabato ha inizio il giorno della sua nascita in un paesino delle Puglie, Putignano in provincia di Bari il 10 Aprile 1942 alla periferia del paese in una casa rurale, confinante con una masseria, la cui principale attività è l’ allevamento del bestiame.
La madre Nicoletta partorisce in casa con l’ aiuto della levatrice di fiducia, il peso del neonato è di Kg. 5. Da una recente indagine doxa del 2002 condotta dal Dott. M. A. e da B. V. è risultato che questi neonati di tale peso, da grandi sono personaggi da non sottovalutare, dato il loro talento dimostrato in vari settori, pertanto è stato necessario rimarcarlo.
Siamo in piena guerra mondiale, mio padre Vito che purtroppo non è più fra noi, era capo mugnaio nell’ unico mulino del paese, tutti mi hanno riferito che il mio vecchio, durante la guerra ha aiutato tutti, soprattutto i più poveri, senza ricavare eccessivi profitti, lo dimostra il fatto che dopo la guerra, negli anni 60 si è dovuto trasferire a Roma e riprendere il vecchio mestiere di calzolaio per sbarcare il lunario, aprendo un piccolo negozio in Via Marco Valerio Corvo, 28, attualmente sede della mia piccola attività artigianale di litografo, che svolgo da circa 20 anni. Il piccolo stabile, è stato riscattato da mio padre, con tanti sacrifici.
Tornando agli anni 40, per quello che possa ricordare durante la mia infanzia, la vita di mia madre era molto gravosa, basti pensare che ogni mattina doveva svuotare il pitale di creta, nel pozzo nero lontano dalla nostra abitazione, tale importante e indispensabile arredo lo avevano quasi tutti gli abitanti della Italia meridionale, collocato in un ripostiglio della propria abitazione oppure fuori in cortile e serviva per fare la pipì e la popò, detto “ U Tist “ in pugliese e in napoletano “ U Candr”, ma per coloro che abitavano nel centro storico l’ operazione di smaltimento era molto più complessa. Illo tempora, non essendoci un impianto fognario, il comune metteva a disposizione un servizio di raccolta per lo svuotamento dei pitali, tutto si svolgeva alla luce del giorno, le massaie imbracciando i propri pitali come bambini in fasce, attendevano sull’ uscio di casa, “Angel a Vott cioè Angelo La Botte : un biroccio di legno, trainato da un cavallo corredato da una grandissima botte e condotto da un gentiluomo chiamato Angelo, di nome e di fatto, data la sua altruistica mansione, e durante il suo tragitto, la botte, sebbene non ancora colma di materiale organico era sempre traboccante, lasciando dietro di se una scia di odori inconfondibili, lo sballottamento era causato dall’ assetto stradale disunito, composto da grandi lastroni di pietra a schiena d’ asino levigati dal tempo.( A Chiancat)
La raccolta veniva effettuata con un passa mano, cioè la casalinga passava al carrettiere il pitale che dopo averlo svuotato e tratto i suoi pesanti commenti sul contenuto, dati gli odori sprigionati e dopo ciò, restituiva il reperto.
Ogni settimana mia madre faceva il pane, preparando la sera prima il lievito e il giorno successivo era festa, perché era consuetudine fare anche le frittelle:” friscen friscen, mangian mangian” mentre si friggevano si mangiavano seduta stante, (in lingua francese “Vit Vit”) soprattutto d’inverno era un pasto da ricchi, oltre a riscaldare lo stomaco ti riscaldavano le mani tempestate dai geloni. I riscaldamenti erano costituiti da piccoli bracieri di ottone.
A guerra finita, dopo circa quattro anni, esattamente nel maggio del 1949 mia madre verso l’ora di pranzo, mi solleva sul tavolo e mi tira giù i pantaloni alla zuava, e chiede l’attenzione di mio padre dicendogli: Vito, guarda Pietro, ha le gambe più belle della famiglia, paragonandole a quelle delle mie sorelle.
La stessa sera, per grande sfiga, giocando con una mia amica all’altalena ci crolla addosso una colonna di tufo sfregiando il sottoscritto ad ambedue le gambe e provocando alla bambina, un taglio alla testa e la fuoriuscita della clavicola. In ospedale, mi fù riscontrata la filatura del piatto tibiale sinistro, ed un taglio sulla coscia destra di circa 10 centimetri, all’ altezza del femore, ma quel testicolo del medico di famiglia, mi ingessò subito, senza aver prima consumata la filatura e così dopo 40 giorni, tolto il gesso, avevo la tibia fuori asse rispetto al ginocchio che a lungo andare mi ha provocato un valgismo di circa 45 gradi.
Dopo aver passato la mia infanzia e parte della mia gioventù con questa menomazione, all’età di 33 anni decisi di operarmi al CTO di Roma dall’equipe del prof. Rampoldi, con risultati soddisfacenti, sebbene l’arto sia più corto di 5 centimetri, rifiutai l’allungamento, ma con un plantare nella scarpa riesco lo stesso a compensare l’altezza dell’altra gamba, e diventare addirittura un buon giocatore di tennis, quasi spettacolare.
Ritornando agli anni 50, iniziava per me una vita diversa, non perché la gamba mi desse troppo fastidio nel camminare, ma il fatto di dover spiegare ai compagni, il perchè di quelle cicatrici sulle gambe e il mio nuovo modo di camminare, quindi, non tolleravo di essere passato da un giorno all’altro dalla perfezione ad essere claudicante, basti pensare che mia madre ogni qual volta che mi vedeva, piangeva dal dispiacere, povera donna non si dava pace. E’ facile intuire che per me iniziano i complessi, correvo sempre per non far vedere la mia menomazione, preferendo spesso la bicicletta, mi confrontavo con tutti nella corsa, sebbene in quelle condizioni, basti pensare che in terza media conseguii il brevetto di salto in alto con stile all’ Horrain, saltando un metro e trentacinque centimetri. Riferendomi alla scuola, vorrei rimarcare due episodi che ritengo importanti da sceneggiare, il primo in quinta elementare ed il secondo in seconda media. E’ risaputo che in quei tempi i maestri picchiavano i bambini che si comportavano male, e i nostri genitori di tutto ciò erano consapevoli e soddisfatti, anzi se scoprivano del nostro errato comportamento scolastico, ce le suonavano di santa ragione. La punizione più pesante praticata nelle scuole dai maestri, erano le famose spalmate, inflitte con il palmo della mano aperta e con una riga di legno spessa circa tre centimetri, e il sottoscritto essendo stato durante i cinque anni di scuola elementare il capo classe, pur avendo cambiato tre maestri, non aveva mai subito tale punizione. Fatta questa constatazione, vorrei aggiungere altri riferimenti: generalmente ogni qual volta che il maestro infliggeva questa punizione ai suoi alunni, la maggior parte delle volte le spalmate andavano a vuoto, perché lo scolaro al momento dell’ impatto con la riga del mattatore, ritraeva la mano, e questa scena suscitava tanta ilarità nella classe e a volte anche da parte del maestro stesso, che sospendeva la punizione. Il compito del capo classe era quello di mettere in riga gli scolari, quando, terminato l’orario si doveva uscire dalla scuola e attraversare i corridoi che portavano all’uscita, ed infine mantenere la disciplina in classe, quando il maestro si allontanava dall’aula, e il regolamento era quello di scrivere sulla lavagna i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Il mio maestro era l’unico di tutto l’ Istituto che quando si assentava, lasciava con orgoglio la porta dell’ aula aperta, perché la scolaresca era sempre disciplinata, durante la sua assenza non si sentiva volare una mosca, e tutto ciò suscitava curiosità e invidia da parte degli altri maestri, che quando uscivano dalle loro aule non solo chiudevano la porta alle proprie spalle per evitare di disturbare le altre classi vicine dagli schiamazzi, ma dovevano sbrigarsi a tornare in classe, altrimenti ci scappava il morto, gli alunni se le davano di santa ragione.
Il segreto del mio successo era quello di non scrivere nessun nome sulla lavagna, preferendo prendere la riga del maestro e bacchettare chiunque aprisse bocca, ma un giorno lo scolaro, Leone Giovanni, ancora ricordo il suo nome, di statura elevatissima, un gigante, si ribella e stava per minacciarmi, volendomi affrontare con un corpo a corpo, a quel punto vedendomi piccino, lascio repentinamente la riga e impugno il cancellino della lavagna e lo scagliai con tutta la mia forza, come un incallito giocatore di regbi, contro il Leone di nome e di fatto, colpendolo ad un occhio, e subito dopo, vedo il suo corpo accasciarsi a terra e singhiozzare a perdifiato, Davide aveva colpito il gigante, il cancellino impregnato di gesso, aveva causato un grave trauma agli occhi, tanto che fù necessario trasportarlo al pronto soccorso, e da quel giorno non ho più rivisto il mio compagno di classe, ed oggi vorrei rincontrarlo e potergli chiedere scusa. La Direzione pensò bene di trasferire il Leone in un’ altra gabbia meglio dire in un’altra scolaresca.
Il mio maestro, Vito Elba, che ricordo con grande affetto, conosciuti i fatti, mi inflisse una punizione di dieci spalmate, era un avvenimento storico per tutta la scolaresca, vedere il capo classe essere punito, erano tutti sorridenti, aspettando con curiosità la solita scena comica, del solito alunno che ritrae la mano dalle bacchettate, ma il sottoscritto dalla consumata età di 11 anni si sottopose al supplizio, come Muzio Scevola, lasciandosi bruciare la mano sulla brace, non ritrassi le mani di un millimetro e durante il mio flagello, spiazzai la scolaresca, che subito dopo si ammutolì, fino al punto massimo di un totale silenzio, non si sentiva volare una mosca e il maestro vedendo la mia prova di forza si fermò ad 8 spalmate, evitando di farmi fare brutta figura al cospetto dei miei compagni, perché aveva intuito che ero ormai all’ estremo delle mie forze, e subito dopo, fui sollevato dall’incarico di capo classe.
L’altro episodio da sceneggiare, è quello capitatomi in seconda media, quando un giorno il mio Professore di Lettere Prof: Abbundo della vicina cittadina di Conversano, che ricordo con grande affetto, entrò in classe tutto accigliato e molto preoccupato ci disse: sarà approvato un provvedimento scolastico che abolirà la lingua Latina dalle materie letterarie nelle scuole dell’obbligo, ed io fregandomi le mani gridai: evviva!! Non l’avessi mai pronunciata quella esclamazione, infatti, non feci in tempo a finirla, che mi arrivò un ceffone che tutt’oggi sento il fruscio nelle orecchie, e poi il Prof. concluse ammonendo: se questo provvedimento sarà approvato, in un prossimo futuro nessun italiano di media cultura, sarà in grado di scrivere una lettera.
Tornando al modus vivendi della popolazione più povera, alcune famiglie vivevano in cattività, adottando il sistema casa e bottega, separando l’abitazione dalla propria attività lavorativa con una tenda, il vinaio, il sarto, etc., alcune famiglie povere dormivano invece in un unico letto, i genitori al capo e i figli ai piedi del letto, e i veri problemi si verificavano quando i genitori facevano l’amore, e durante le loro movenze, capitava spesso di scalciare qualche figliolo fuori dal letto, ma c’era sempre il primogenito che conoscendo bene le abitudini dei genitori, vigilava sui fratellini più piccoli, avvertendoli del pericolo imminente e ammonendo: a reggete Pe, Antonio, Michele, che papà rimonta.
La maggior parte del nostro tempo libero si trascorreva giocando al calcio e Ping Pong, quando i grandi ce lo consentivano e quando questo ci veniva negato, spesse volte infilavamo dei piccoli fumogeni nel buco della serratura della sala ricreativa parrocchiale e facevamo azione di disturbo. Dimenticavo di aggiungere, che la maggior parte delle abitazioni del centro storico e non, erano munite di porte di legno, con delle serrature enormi, tali da poter infilare un dito di un adulto, e quindi, si poteva sbirciare liberamente e vedere cosa accadeva dall’altra parte, e così la nostra vendetta contro coloro che ci rubavano le ore di gioco a ping pong, si trasformò in vero e proprio divertimento, addirittura beccammo una bella ragazza in uno sgabuzzino di un cortile, che si accingeva a farla nel pitale e la colpimmo con il fumogeno nelle parti intime, mentre si accovacciava senza mutandine e noi senza provocare scottature, poiché il piccolo siluro poteva provocare bruciature solo se veniva sparato ad una distanza molto ravvicinata, lo stoppino arrivava al bersaglio caldo ma non infuocato.
Il divertimento finì presto, dopo pochi mesi tutti cambiarono le serrature. Politico da sempre.
Finita la terza media, dopo aver ripetuto due anni la seconda e la terza, all’ età di quindici anni, visti i profitti scolastici negativi, mio padre decise di prendermi a lavorare con lui nella sua impresa molitoria, ma dopo alcuni anni fallì e tutta la mia famiglia fu costretta a trasferirsi a Roma, tranne il sottoscritto speranzoso di realizzarsi nel suo paese d’ origine, svolgendo un’attività di rappresentante di macchine per cucire, imparando a ricamare, restai per altri due anni e poi stremato dalle spese di sostentamento raggiunsi la mia famiglia a Roma, emigrante in Patria. Dopo alcuni anni di vari lavori di rappresentanza il mio valgismo alla gamba si aggravava sempre di più, inoltre mi procurava un grande complesso di inferiorità con le donne, sebbene in quel periodo ebbi due storie importanti con due belle ragazze, ma volevo di più dalla vita, desiderando ritornare come mamma mi “facette” e senza un lavoro fisso questo disegno non era possibile realizzarlo, avevo bisogno della assistenza sanitaria per operarmi; e fù così che tramite l’ ufficio di collocamento fui assunto come impiegato in una società di autonoleggio Multinazionale, presso la sede centrale, ma le mie mansioni furono ben altre, cioè quelle di fattorino, prendere o lasciare. Per evitare di ripetermi leggere nel sito gli articoli: “La Rosina” “Cucuzza Lancilotto”, “Amadeus lo schermitore” e la lettera indirizzata ad Enzo Biagi, Intitolata: “Politico da sempre”.
Dopo l’intervento chirurgico prima menzionato dettagliatamente, mi innamorai follemente di una collega, e al momento di concludere, un bell’imbusto me la portò via sposandosela, e dopo aver fatto due figli con lei, l’ abbandonò divorziando, e successivamente, La Signora Lei, pensò bene di ritornare dal vecchio spasimante, cioè dal sottoscritto, ma questi fù così veloce a scappare, da competere con una macchina di formula uno, se l’avessi ancora amata l’avrei sposata volentieri, ma non nutrivo più alcun sentimento per lei.
Dopo questo scottante episodio, non ho avuto storie importanti e alla veneranda età di 61 anni sono in attesa dell’ anima gemella.
Di seguito inserire l’articolo “ Curriculum Vitae, di Pietro Sabato presente nel sito. E successivamente consultando il sito si potrebbe fare un film di 48 ore.
La sintesi e la morale di questo racconto, che descrive fatti realmente accaduti, è quello primario di ridimensionare le nuove generazioni, soprattutto quelle un po’ troppo razziste, facendo conoscere le loro origini e quello che i loro padri hanno patito per giungere al benessere dei nostri giorni, ma purtroppo la maggior parte di essi, rinnegano il loro passato, evitando di raccontarlo ai propri figli, commettendo un gravissimo errore. Chiedi a tuo padre: l’ hai fatta mai nel Pitale?
Altra motivazione, ridimensionare soprattutto i signori politici, che con la loro superficialità e il loro servilismo politico, non fanno nulla per cambiare le situazioni, creando dei gravi disagi ai cittadini, facendo rivivere loro, situazioni di disagio riferenti a mezzo secolo fa, ritrovarsi dopo l’ acquisto di un appartamento nello stesso stato e modus vivendi di sessant’anni fa, è veramente sconcertante, confinare con il proprio appartamento nel XXI secolo con due vaccherie, esistenti da 60 anni, senza essere state mai oggetto di ristrutturazione e per giunta, attualmente circondate da un agglomerato urbano di Roma Capitale molto popolato.
Seguono un infinito numero di petizioni di disagio ambientale, ed altri articoli veramente interessanti, che trasformati in ironiche sceneggiature realistiche, daranno adito ad un film diverso e totalmente nuovo agli occhi del più spietato critico cinematografico, poiché trattasi di fatti realmente accaduti, raccontati in modo originale.
Scritto ed ideato da Pietro Sabato, politico per caso e politico da sempre.
Prima parte, iniziato a scrivere alle ore 22 del 28 Giugno 2003 e terminato di scrivere alle ore 16 del 29 Giugno 2003, data di ricorrenza del quarantesimo anno di permanenza a Roma di Pietro Sabato.
Distinti Saluti
Pietro Sabato