Roma, 10 Novembre 2008

 

Da: Pietro Sabato, Presidente Nazionale del Partito Italiano Nuova Generazione, alias Poeta dilettante allo sbaraglio.

 

A : Dott. Pippo Baudo, Trasmissione Domenica In : “Poeti allo sbaraglio”

 

C.C.: ANSA

 

Oggetto: Tema della Settimana: “Le Scarpe” Proposto da Pippo Baudo per Poeti allo Sbaraglio…

 

L’Esame continua! “Le Scarpe”

 

Carissimo, Pippo, Carràmba che fortuna! Questa settimana per il concorso poeti allo sbaraglio, dalla cuccumella hai fatto estrarre la parola: “Le scarpe”. Ma dimmi, secondo Lubrano, la domanda sorge spontanea, questa urna stracolma di rotolini di carta infiocchettati, sebbene abbastanza capiente, come faceva a contenere tutte quelle scarpe?

Carissimo Pippuzzo, certamente nel tuo albero genealogico oltre ad essere imparentato alla lontana, con il dott. Gianni Riotta, nella tua discendenza, ci sarà stata anche una trisavola Ballerina. Promettimi di controllare all’anagrafe del tuo paese natale, mi raccomando fammi sapere.

Sicuramente, leggendo il Libro Maccarolo…Politico da Sempre, e il mio curriculum Vitae, questo ultimo pubblicato anche nelle prime pagine del mio Sito Web, avrai sicuramente letto che Le Scarpe, per me sono state la mia fortuna, in quanto ho avuto il mio Babbo calzolaio, che andando in pensione, mi ha lasciato il suo negozio di calzolaio, per consentirmi di svolgere alla tenera età di quarantatre anni, la professione di riserva di litoimpressore (litografo).

Mio Padre, ha lasciato la vita terrena nel Febbraio del 1992.

Ma molto tempo fa, da giovanotto, magrolino di costituzione, somigliava al nostro grandissimo Edoardo Defilippo, scarnito in viso e secco come un chiodo, tanto per restare in tema. Ebbene il baldanzoso trentenne, si dilettava a portare la sua copiosa famigliola a spasso per la Puglia, con una piccola vespa, cilindrata 98 cavalli. Quindi avendo a disposizione tutti questi cavalli, secondo Lui, facendo le dovute proporzioni, sulla vespa poteva trasportare anche sei persone.

Carissimo Pippo, questa storia è descritta nel libro Maccarolo, che ti ho inviato circa un anno fa, da pagina 73 alla pag. 76 – e dalla scena n.54 alla scena N. 58 incluso l’articolo: “La Storia si ripete” , che appunto parla di scarpe e come fare le scarpe al prossimo; il tema che hai proposto questa settimana a noi poveri poeti allo sbaraglio.

Quindi, per correttezza verso gli amici lettori del mio sito Web, allego a questa relazione le scene e l’articolo appena menzionato, per poi ritornare a parlare sempre di scarpe, evitando di uscire fuori tema.

 

54 -   ESTERNO CASA DI CAMPAGNA IN PUGLIA –  MATTINA

 

Tutta la famiglia è pronta per partire. Vito sta facendo gli ultimi controlli alla vespa. Poi a turno cominciano a salirci sopra. Vito alla guida, seduto sulla punta del sedile anteriore, subito dietro di lui Vincenzo il primogenito. Sul sedile posteriore Antonietta e Nicoletta. Ai lati, accovacciati la Piccola Dora e Pietro. Ognuno dei passeggeri aveva in mano  una borsa con i propri vestiti, Vito ha preso una casa in affitto al mare vicino al mulino in un paesino di nome Leporano, sulla costa ionica.

Sono pronti per partire. Vito accende il motore, quando improvvisamente Pietro salta giù dalla vespa.

PIETRO

             Papà, papà aspetta non possiamo lasciare da solo il gatto!

VITO

             Ma come facciamo a portarcelo dietro? Dove lo mettiamo?

PIETRO

Non preoccuparti, ci penso io.

Prende un cestino di vimini che si trovava sotto l’albero di fichi, ci mette dentro il gatto e rimonta sulla vespa.

 

55 -   CENTRO ABITATO DEL PAESE

 

La vespa entra in campo in paese, sembra una esibizione circense vedendo questa famiglia numerosa su una piccola vespa, tutti si voltano a guardare battendo le mani e suscitando molta ilarità.

 

56 -   CENTRO ABITATO DI UN ALTRO PAESE

 

Si ripete la stessa scena di prima, tutti ridono e applaudono al passaggio della famiglia circense.

 

57 -  VIA PRINCIPALE DI ALBEROBELLO GIORNO

 

Entra in campo la vespa. Un vigile fa cenno di accostare.

 

 

VIGILE

Ma non potete rischiare la vita di tutta la vostra famiglia in questo modo, come vi salta in mente di caricare così tanto questa povera vespa?

 

VITO

Ma signor vigile, noi solo questa abbiamo. Non possiamo fare due viaggi. Veniamo da lontano e poi adesso siamo quasi arrivati.

 

VIGILE

             Non so perché non vi faccio la multa. Andate va, però state attento.

 

VOCE NARRANTE

Difatti il vigile non può multare Vito perché non c’è ancora nessuna legge che vieta il trasporto di più persone su una piccola moto.

 

VITO

             Grazie vigile, arrivederci

Vito rimette in moto la vespa e ripartono. Si allontanano. La MDP va in  P.P. sul vigile che guarda la vespa stupito scotendo il capo.

 

58 -   ESTERNO ALTRO PAESE VICINO TARANTO GIORNO

 

La vespa con tutta la famiglia è costretta a fermarsi. Non si riesce ad andare avanti perché in piazza c’è un comizio politico. Siamo in piena campagna elettorale. Si vede un palco con alcuni uomini politici che parlano al microfono. Sotto il palco c’è tanta gente che ascolta.  Per ottenere i voti ne combinavano di tutti i colori. Si udivano slogan buffi e ironici, da una vecchia balilla con due altoparlanti collocati sul tetto.

 

BALILLA VOCI DAGLI ALTOPARLANTI

Chi vota scudo crociato è un voto sprecato, chi vota falce e martello è sprecato anche  quello.

 

                                              ALTRA VOCE DI CONTRASTO

             E tu vuoi bene alla mamma?

 

BALILLA ALTRA VOCE

             Siiiiiiiiiiiii

 

                                  BALILLA ALTRA VOCE

             Allora vota fiamma!

La MDP inquadra la vespa da dietro con tutta la folla davanti.

Sono fermi vicino ad una specie di magazzino con la saracinesca alzata ai cui lati sono affissi dei manifesti elettorali. Davanti ci sono degli uomini che osservano con circospezione la gente che passa. Ad un certo punto passa un contadino con un cesto pieno di fichi accompagnato da un bambino in sella ad un asino. Hanno un aspetto dimesso. Si vede che si tratta di povera gente. Uno degli uomini davanti al magazzino si avvicina a loro.

 

UOMO POLITICO

             Compa’ che bel bimbo che tenete. Posso prendere un fico?

CONTADINO

             Prendi, prendi.

UOMO POLITICO

Di un po’ lo volete un bel paio di scarpe per la festa?

 

CONTADINO

       Scarpe? Magari, ma poi come le pago?

 

UOMO POLITICO

             Oggi siete fortunato. Che numero calzate?

 

CONTADINO

 “42

UOMO POLITICO

Ecco qua. Tenete.

CONTADINO

             Ma veramente..  io non ho soldi.

UOMO POLITICO

             E chi li ha chiesti i soldi. Prendete.

CONTADINO

             Ma perché mi fate questo regalo ?

UOMO POLITICO

Se ci dai il tuo voto e quello di tua moglie, di scarpe ne avrai anche un altro paio. Capito?

CONTADINO

             Magari fosse vero…

UOMO POLITICO

             E’ vero, è vero.

Gli porge anche un volantino

UOMO POLITICO

Lo vedi questo simbolo ? Quando andrai a votare insieme a tua moglie basterà  mettete una croce su questo simbolo.

CONTADINO

             Va bene , va bene

UOMO POLITICO

             Porge la scatola al contadino e lo saluta.

Il contadino dà la scatola delle scarpe al figlio che la apre dopo essersi appena allontanato.

BAMBINO

             Papà, papà. Ma qui c’è una scarpa sola.

Il contadino fa marcia indietro e torna dal politico

CONTADINO

             Signore, senta: qui nella scatola c’è una scarpa sola. Si è sbagliato?

UOMO POLITICO

Sbagliato! No. Tu vota come ti ho detto. Se vinciamo le elezioni torna qui e noi ti diamo pure l’altra scarpa.

Poi con tono sbrigativo e anche un po’ scocciato.

UOMO POLITICO

Arrivederci e buona giornata.

 
 
CONSIDERAZIONE

Si spera che quella fazione politica abbia vinto, per il solo vantaggio del contadino che altrimenti resterà con una sola scarpa.

 

 

 

La storia si ripete

 

Roma, correva l’anno 2006 29 Maggio

 

Da: Pietro Sabato

A: Sindaco Walter Veltroni

C.:C.: Procura della Repubblica Italiana, Piazzale Clodio,12 00195 Roma

 

IL Moschettiere…uno per tutti…

 

Oggetto: Sollecito di guarigione.

 

Egregio Sig. Moschettiere, ho ricevuto il Suo pieghevole, e il sottoscritto si è recato alle urne facendo il suo dovere di cittadino votandoLa unitamente alla Signora Muscente conosciuta personalmente il 25 Maggio, durante la riapertura del Bar Ristorante Oasi di Pace. Chiuso da circa tre mesi, dalla amministrazione comunale per anomalie riscontrate nella struttura del locale Bar Ristorante, considerando che questo circolo è aperto da trentacinque anni. Ma la fatalità riscontrata dal sottoscritto e che tale ristorante bar e rimasto chiuso durante le elezioni politiche, e dopo la vittoria della Sua coalizione Politica, Egregio Sig. Sindaco, si è verificato che pochi giorni prima delle elezioni comunali, questo bar ristorante dopo 35 anni di attività, miracolosamente ritorna a norma, come lo è sempre stato, con l’opzione di licenza provvisoria da rivedere, se lei conosce la barzelletta del concorso Cinar, questo signore per ottenere una licenza definitiva, dovrebbe aspettare all’infinito, ed essere sottoposta a continuo stillicidio, supponendo e paragonando questo sistema medievale a un voto di scambio, e riferendomi all’episodio precedente a voto coi piedi.

Pertanto facendo riferimento all’oggetto, vorrei essere aggiornato circa la Sua salute, nel caso i Suoi medici non siano ancora riusciti a risolvere il suo problema, il sottoscritto potrebbe aiutarLa telefonando al Padreterno, facendoLa curare direttamente dalla buonanima del Dott. Crucitta, che tanti anni fa, operò mio fratello Vincenzo e Sua Santità Voitila.

Concludo augurandole una repentina guarigione e arrivederci al più presto in Campidoglio, con la speranza di quagliare qualcosa di buono. Uno Per Tutti, Tutti Per Uno.

Vivissimi Auguri

 

                                                                                                                                 Dartagnan

Visto Pippo! Quale polverone sei riuscito a rispolverare parlando di scarpe? Purtroppo le scarpe non hanno gli occhi e a volte si possono sporcare di merda.

Quindi, riprendiamo il filo del discorso, continuando a parlare appunto di scarpe, però in questo caso pulite!

Egli, il mio Babbo, nella prima gioventù aveva assimilato il mestiere di calzolaio rifinito, svolgendo il suo lavoro in una calzoleria di Milano, successivamente, durante la seconda guerra mondiale, ritorna nel suo paese natale, Putignano, praticando la professione di capo mugnaio, nel mulino del paese, per poi a guerra finita, trasferirsi a Talsano, in provincia di Taranto, installando un mulino di proprio conto, dopo 18 anni, la vendita dello stesso, per finanziare la installazione di un nuovo mulino pneumatico, questa volta nel suo paese natale, Putignano, ma con il successivo e repentino fallimento molitorio, costretto a trasferirsi a Roma con tutta la famiglia, ormai in età avanzata, ritornato calzolaio, da rifinito a ciabattino.

Ebbene, con questo lavoro di riserva, l’anziano Padre, ha riscattato il locale dove lavorava, la casa dove abitava a Roma, in via Domodossola, e sistemato tutti i cinque figli, il primogenito musicista, sebbene tutt’ora scapolone, tre sorelle brave casalinghe, tutte maritate, e il terzogenito sottoscritto, prima fattorino di sfondamento*, presso una Società multinazionale di Autonoleggio, poi litografo ed infine impiegato di concetto, sempre nella stessa Società e dopo il licenziamento da dipendente, sono divenuto Litografo di proprio conto, acquisendo il locale di mio Padre, (andato in pensione, per modo di dire, subito dopo racconterò cosa è accaduto), ed infine politico: Maccarolo… Politico da sempre…, scapolo impenitente per colpa del baion (destino).

Carissimo Pippo, Le Scarpe, le sogno tuttora, tutte le notti.

Era il mese di Luglio del 1983, quando mi recai nel negozio di mio padre, l’odore di mastice e cuoio aleggiava nel monolocale, vedo mio Padre indaffarato, che non sapeva a chi dare i resti, per quanta gente entrava ed usciva da quel bugigattolo. Visti i profitti che un uomo, ormai anziano, aveva accumulato in pochissimi anni, e vedendolo molto affaticato e avanti con l’età, gli chiesi se mi insegnava il mestiere, ero stufo di sbarcare il lunario, come dipendente. Non l’avessi mai detto. Mio Padre entusiasmato dalla mia richiesta, mi infila subito un sinale, che era buttato su una sedia, sporco di mastice e quanto altro e mi invita ad aprire la bocca:

 

Calzolaio per quattro minuti…

 

Padre di Pietro

Guarda come faccio Io!

 

Carissimo Pippo, il mio Babbo aveva contratto a tutte e due le mani il Morbo di Duputren, cioè le dita delle mani a furia di tirare lo spago per risuolare le scarpe, si erano anchilosate, restando sempre socchiuse, la stessa malattia che aveva contratto la buonanima di San Pietro, il Pescatore, causato dal ripetitivo quotidiano tiro delle funi delle reti da pesca. Così la chiesa, dalle dita socchiuse del mignolo e dell’anulare della mano destra, di San Pietro, hanno inventato la benedizione con le tre dita. La Trinità. Pippo mi raccomando acqua in bocca! Altrimenti il Tedesco mi  scomunica.

Non divaghiamo torniamo al tema, ebbene mio Padre, con la mano a  pugno semichiuso, quindi con le sole punte delle dita, meglio dire falangi, prende da un contenitore di latta semi arrugginito, una manciata di sementine, dei chiodini piccolissimi, lunghi appena mezzo centimetro, apre la bocca, e come se volesse mangiare un fico con un solo boccone, li catapulta nella bocca, successivamente prede la forma di ferro per inforcare la scarpa da inchiodare sui bordi dopo la risolatura, impugna il martello, e come una mitraglia inizia a sputare dalla bocca questi minuscoli chiodini, che miracolosamente accompagnati da un velocissimo gesto manuale, si impennavano dritti sulla dura suola, pronti per essere inchiodati e con una martellata secca si infilavano nella scarpa.

Desistei, da questo metodo pericoloso e poco igienico, preferendo prendere con le dita i chiodini uno per volta, erano così minuscoli che non sapevo da quale verso prenderli, presi anch’io la forma di ferro, una scarpa da rifinire, intanto mio Padre dietro le quinte se la rideva, ma quando impugnai il martello, e dopo essere riuscito dopo vari tentativi ad infilzare con le dita nella dura suola il mio primo chiodino, detti una martellata secca, volendo imitare mio Padre, ma purtroppo presi il chiodino di sghimbescio e schizzo via sul viso di un cliente che era appena entrato, procurandogli un graffio sotto l’arcata sopraccigliare sinistra. Immediatamente mio Padre, dopo aver soccorso il cliente scusandosi, mi tolse il sinale e le rispettive armi, e mi disse di continuare a fare il mio mestiere di impiegato. Fu allora che gli dissi che anch’io avevo come lui il mestiere di riserva, quello di litografo. Episodio raccontato nelle prime pagine del mio sito web e nel libro sceneggiatura del film: Maccarolo… Politico da Sempre…” da pagina n.123 a pag. n. 125, scena n. 91 – 92 – 93 – 94. Fattorino di sfondamento* Sono parole riferite alla poesia: “Lo spigolatore Putignanese” pag. 124 Libro: “Maccarolo… Politico da Sempre…” (Evito di allegare i fatti, poiché non attinenti al tema.)

Fu allora che mio Padre decise di andare in pensione lasciandomi il locale a disposizione per la mia attività di litografo. Ma non fu così semplice sradicare mio Padre, ultra settantenne, dal suo mestiere di calzolaio, sebbene non avesse bisogno economicamente, continuò a fare il suo lavoro durante i lavori di ristrutturazione, i muratori sebbene intralciati, lo lasciavamo fare, sembrava un bambino a cui si voleva negare di giocare con i propri giocattoli, immerso nella polvere, si spostava con il suo banchetto, da un lato all’altro del monolocale, per dare spazio ai muratori di lavorare.

Il 10 Ottobre del 1983 arrivano finalmente le macchine da stampa nuove di zecca, un capitale di 100.000.000 di lire, da estinguere, con un leasing mensile di 2.500.000 mila lire, considerando poi le spese di affitto del locale e quelle della mia abitazione, in Via  Casale Santarelli, in Roma.

I primi sei mesi, entravano più scarpe da risuolare che moduli da stampare, nel mio locale non si sentiva l’odore dell’inchiostro e della carta stampata, ma quella del mastice e del cuoio, perché nella cantina sottostante c’era sempre mio Padre con il suo banchetto da calzolaio, relativa attrezzatura, ed un deposito di lastre di cuoio che poteva servire a risuolare le scarpe di un intero reggimento di soldati.

Fin che un giorno, in assenza di mio Padre, una Signora entrò nel mio locale, pensando volesse stampare dei biglietti da visita, invece mi lasciò un paio di scarpe da risuolare. Gli affari andavano male, preso dall’ira funesta, ma controllata, invitai la signora ad accomodarsi, perché le scarpe gliele avrei risuolate io seduta stante, così accesi il taglia carte e rifilai le punte delle scarpe, meglio usare il verbo amputare, e con una cinica freddezza, dopo pochissimi secondi, gliele incartai con la carta da pacchi tipografica. La signora inorridita mi guardò negli occhi e scappo via di corsa dal negozio, senza proferire parola.

Da quel momento si sparse la voce del feroce taglia scarpe e i clienti di mio padre man mano iniziarono a diminuire e il mio lavoro invece ad andare a gonfie vele.

Ma mio Padre, imperterrito continuava a fare il calzolaio, il rumore delle macchine da stampa non riuscivano a coprire dallo scantinato il ticchettio ritmato del suo martello, che ancora oggi unitamente alla forma di ferro, conservo gelosamente.

 

Carissimo Pippo, la vita non si sa mai, cosa ci riserva!

Dimmi la verità, per caso stavi per commuoverti?

Ciao Pippo, Salutami La Grande Raffaella

 

                                                                                                                 Pietro Sabato